Presentazione di L’anarchia selvaggia

Presentazione di

L’anarchia selvaggia

di Pierre Clastres
elèuthera, (2013)

Lanarchia selvaggia  – Le società senza Stato, senza fede, senza legge, senza re. elèuthera (2013)

L’anarchia selvaggia – Le società senza Stato, senza fede, senza legge, senza rePierra Clastres.  elèuthera (2013)

Nel discorso comune e in quello accademico, con poche eccezioni, viene continuamente rimarcata la convinzione che una società di libere ed eguali sia sempre più inattuabile o addirittura impossibile. L’utopia, che precisamente significa “qualcosa che non ha luogo” e non “qualcosa di irrealizzabile”, è sepolta sotto i cumuli di macerie dell’etnocentrismo.
L’idea che un gruppo umano possa vivere e convivere in assenza di istituzioni di potere appare generalmente come qualcosa di inattuale, addirittura innaturale. Ed è qui che la ricerca antropologica agisce come meccanismo di disvelamento delle credenze e dei pregiudizi. Perché il potere, inteso nella sua forma di comando/oppressione e obbedienza, non è innato nell’umanità.
Pierre Clastres, antropologo eclettico e figlio intellettuale di Claude Levi-Strauss, ci racconta di comunità che vivono in una “favola”, la cui morale piomba vigorosa e differente: i personaggi non sono il braccio dello Stato, le catene delle istituzioni, il tintinnio delle monete, ma semplici individui privi di cravatta e muniti di un concetto dell’esistente diametralmente opposto a quello della società capitalista.
La loro è una società complessa che agisce contro lo Stato – contro la formazione stessa della macchina statuale –, senza servi o padroni, né l’indigenza antropomorfizzata, cui contrappone un benessere reale e morale partorito dal rifiuto del dominio economico e politico.
Affinché la diversità non sia vittima di stereotipi e venga incorporata all’interno di una prospettiva sociale versatile, il Collettivo Autorganizzato Volya presenta il libro L’anarchia selvaggia – Le società senza Stato, senza fede, senza legge, senza re, edito da Eleuthera. Di recentissima uscita, consiste in una raccolta di alcuni studi di Pierre Clastres che verranno presentati da Valerio Romitelli (Dipartimento di Storia, Culture, Civiltà, Unibo) e Rudy Leonelli (Dipartimento di Filosofia, Unibo), con la partecipazione  di Nicola Turrini, Marco Tabacchini, Elia Verzegnassi, che hanno presentato il libro alla Biblioteca Domaschi – spazio culturale anarchico di Verona.

Lunedì 17 giugno, ore 17,00

Facoltà di Scienze Politiche
Strada Maggiore 45, Bologna

Collettivo Autorganizzato Volya

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Piazza, bella piazza…

Sugli ultimi eventi di Piazza Verdi

La crisi del sistema capitalista, a differenza di quello che i vari politici dicevano e dicono, peggiora sempre più e questo comporta l’escalation della violenza statale a danno di quelle realtà che resistono e cercano di creare socialità alternative. Le vicende di Milano (Libreria Ex-Cuem e Spazio Zam), di Napoli (l’attacco in piazza del Plebiscito a studenti e lavoratori e poi lo sgombro al Lido Pola di Bagnoli), di Palermo (i colpi di pistola sparati in aria dai carabinieri per “allontanare” gli operai della ex-Pip) sono alcuni effetti tangibili. A questa, si aggiunge anche la crisi dei partiti e del sistema rappresentativo, resa lampante dall’astensionismo e dalla formazione dell’ultimo Governo (PD+PdL).
A questa crisi le varie istituzioni non sanno fare altro che rispondere col manganello e la militarizzazione, ignorando consapevolmente la miseria sociale che continua a mietere vittime; non possono e non vogliono trovare delle soluzioni, poiché le uniche soluzioni sono al di fuori del loro sistema.
Compagni e compagne che vissero le agitazioni e le lotte degli anni ’70 ci insegnano che le piazze, i luoghi di aggregazione, erano vissuti come una grande officina dove, attraverso il continuo confronto collettivo, nascevano idee e lotte reali.
Nei giorni scorso, Piazza Verdi è stata attaccata in quanto spazio pubblico attraversato da centinaia di studenti e studentesse. L’attacco all’assemblea con le lavoratrici della Sodexo è stato un chiaro segnale di ciò che il Comune teme più di tutto: una socialità “incontrollata” proprio perché demercificata, libera, autonoma. Questo spaventa chi ha il potere in tempi di crisi: la libera associazione, il confronto. Chi ha creato questa crisi con politiche ultra-liberiste sa che quando le problematiche individuali si incontrano e si saldano in una prospettiva di emancipazione collettiva, possono immediatamente sovvertire l’esistente e costruire relazioni sociali nuove, libere, orizzontali, decommodificate.
Ecco perché siamo solidali con chi è stato colpito dalla repressione di regime per essersi, come chiunque era presente, giustamente opposto a un divieto liberticida, circondando e cacciando le forze del (dis)ordine dalla piazza.
Ecco perché il 4 giugno percorriamo le strade di Bologna per affermare che quella di Piazza Verdi non è una questione di “ordine pubblico”, che riguarda solo la polizia e alcuni studenti, ma è invece una questione di “spazio pubblico” libero e liberato che interessa tutta la città; noi saremo in piazza per ribadire la nostra idea di una piazza/spazio-pubblico plurale, solidale, autogestita.

Collettivo Autorganizzato Volya

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Note dal seminario antifascista

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Attrezzi e non retorica. Un seminario di sole due giornate può farci riscoprire tutte le armi della critica, da troppi anni lasciate a parte dai movimenti.
Siate preoccupati tutti e tutte da un possibile incontro laboratoriale: non più retorica (da sempre lasciata ai peggiori fascisti), ma neppure linea teorica. Il brevissimo seminario ha potuto ricordarci la forza di un incrocio trasversale di critica libertaria e di classe, fra mitologia e storia, presente e passato.
La cultura di destra, sempre più referente congiunto di destra e sinistra, può essere ancora riconosciuta nell’esplorazione del pensiero jesiano, e così decifrata, manomessa, affrontata. E così le immagini più frequenti, gli arieti più efficaci di tale simbolica sacrificale, si possono decostruire insieme al bric-à-brac retorico-istituzionale spacciato in tutta la penisola.
La mistica del dolore, l’eroismo dei forti verso i deboli, la macelleria storica sono già decisamente respinte, e ancor meglio da oggi, lo saranno qui nella “rossa” Bologna. Non va dimenticato in questo modo l’universo.mondo, a volte poco distante. Il limite di un territorio bonificato dai fascismi più evidenti non esclude logiche di potere sottobanco, micro-razzismi interstiziali, revanscismi macisti etc., anche nei movimenti. E il limite di un territorio bonificato non deve permetterci di dimenticare le compagne e i compagni a pochi kilometri di distanza, come le studentesse e gli studenti di Verona, ancora una volta insultati dalla violenza fascista radicata nel territorio e capace di portare (proprio in questi giorni) band nazirock sul palco dell’Arena. Complice un intero territorio culturalmente a destra, e perciò i media, le istituzioni, la parrocchia, il bottegaio, l’omertoso cittadino veronese.

Come sempre dalla parte del torto! Contro ogni fascismo solidarietà alle compagne e ai compagni di Verona, solidarietà al collettivo studiareconlentezza!

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Foibe, diciamola tutta! – intervento della storica Alessandra Kersevan

Interviene Alessandra Kersevan
Introduce Basilio del CasoS – Progetto di comunicazione storica url
Giovedì 16 maggio, ore 16,30
Facoltà di Scienze Politiche
Strada Maggiore 45, Bologna

Con questo secondo appuntamento il Collettivo Autorganizzato Volya intende presentare uno specifico uso mitologico di un fatto storico. Considerando infatti l’organizzazione jesiana del senso mitico in mano alle destre, il caso foibe offre un paradigmatico modello retorico e istituzionalizzato di uso della storia e manipolazione del mito. Grimaldello commemorativo e dispositivo-breccia per l’estenuante ricerca di consenso e parificazione valoriale, lo stereotipo del buon italiano senza colpe riproduce nel contesto peninsulare un fenomeno quantomeno efficace. Capace di produrre piccoli raid squadristi, fino alla becera convivenza fra neofascismo, istituzioni e media: è il caso veneto, è il caso di Verona. Difatti il collettivo studiareconlentezza invitando la storica Kersevan ha subito (dal 12 febbraio di quest’anno) un triplice attacco fatto di aggressioni fisiche, condanne e infamie politico-mediatiche: dipinti come “negazionisti” (e qui il detournamento rivela tutta la miseria della cultura di destra) le compagne e i compagni hanno trovato di fronte a loro un intero plotone di manganelli e insulti seguito dallo sgombero dell’aula autogestita. Una storia ai limiti del reale che qui e in ogni dove non dovrà mai più presentarsi.

Qui sotto il comunicato del collettivo studiareconlentezza per l’iniziativa con Alessandra Kersevan, purtroppo interrotta dall’attacco squadrista ai danni delle studentesse e degli studenti.

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Non è semplice affrontare la questione delle Foibe: stereotipi consolidati1 ed interessi politici contingenti invadono il terreno della ricerca storica. Negli ultimi anni in Italia si è sollevato un acceso dibattito pubblico attorno alla costruzione di una verità ufficiale che ha dato il via ad un walzer di commemorazioni, monumenti, lapidi, intitolazioni di strade. Grazie al contributo di Alessandra Kersevan, attraverso un esercizio di rigorosa contestualizzazione storica2, ci proponiamo di individuare e discutere quelli che appaiono elementi di mistificazione, falsificazione e propaganda3.

Quali sono i dati più realistici relativi al numero degli infoibati? Perchè dalle diverse ricerche emergono numeri tanto discordanti? E’ possibile parlare di “pulizia etnica” nei confronti della popolazione italiana? Che ruolo hanno giocato le politiche del fascismo in quei territori? Quali sono le effettive responsabilità dei partigiani comunisti di Tito? Queste alcune delle domande su cui ci confronteremo.
Siete tutte e tutti invitati a partecipare.
Alessandra Kersevan è una storica, insegnante ed editrice italiana, specializzata in storia e cultura del Friuli-Venezia Giulia e del confine orientale tra le due guerre. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo “Un campo di concentramento fascista: Gonars 1942-1932” (Kappa Vu 2010) e “Lager italiani. Pulizia etnica e campi di concentramento fascisti per civili jugoslavi 1941-1943″ (Nutrimenti 2008).

1 Il sempreverde mito degli “italiani brava gente” poggiante su un sistematico lavoro di rimozione, viene qui utilizzato in chiave vittimistica, operando una decontestualizzazione dei fatti in funzione di un costante tentativo di rivalutazione del fascismo. Interessanti in questo senso le recenti dichiarazioni di Silvio Berlusconi secondo cui “Il fatto delle leggi razziali è stata la peggiore colpa di un leader, Mussolini, che per tanti altri versi invece aveva fatto bene”.

2 A tal proposito suggeriamo la visione di “Fascist Legacy – L’eredità del fascismo”, documentario incentrato sui crimini di guerra commessi dagli italiani durante l’invasione dell’Etiopia e del Regno di Jugoslavia. La sezione che esamina l’occupazione della Jugoslavia cita oltre 200 campi di prigionia italiani sparsi nei Balcani, in cui morirono 250.000 internati (600.000 secondo il governo jugoslavo), e si sofferma sulle testimonianze relative al campo di concentramento di Arbe (Rab in lingua serbo-croata) e le atrocità commesse nel villaggio croato di Podhum, presso Fiume. “So che a casa vostra siete dei buoni padri di famiglia, ma qui voi non sarete mai abbastanza ladri, assassini e stupratori” Benito Mussolini ai soldati della Seconda Armata in Dalmazia, 1943.

3 Cfr. sul sito del CasoS: Riscrivere la memoria: foibe, media e revisionismo storico
Un esempio: i carnefici italiani trasformati in vittime dalla Rai

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Contro ogni fascismo – Cultura di destra di Furio Jesi

Nell’ambito del seminario antifascista, introduciamo il primo incontro:

Presentazione di Cultura di destra di Furio Jesi

Furio Jesi

Furio Jesi

interverranno Giorgio Forni e Andrea Cavalletti
Venerdì 10 maggio, ore 16,30
Facoltà di Scienze Politiche
Strada Maggiore 45, Bologna

In un momento in cui i nuovi fascismi si affacciano sempre più violentemente sulla scena politica europea, con intimidazioni, aggressioni e omicidi, contro tutto ciò che è “diverso” o non “puro” (“purezza” che può essere declinata in vari modi, a seconda della situazione) è sempre più necessario articolare un’analisi che riesca a evidenziare i meccanismi di produzione del consenso di questa ideologia.
È necessario decostruire quella “macchina mitologica” che è il vuoto contenitore e il paravento ideologico attraverso cui i fascismi creano nuovi adepti e tentano di cavalcare il malcontento provocato dalla crisi. Questi “materiali mitologici” vengono poi utilizzati per la propaganda di xenofobia, antisemitismo, odio per il “diverso”. A questi materiali non attingono solo i gruppi neofascisti e neonazisti ma quella più generica cultura “di destra” e reazionaria, identitaria che si erge a difesa dell’ordine costituito e dell’autorità.
Furio Jesi definiva la cultura di destra come “la cultura entro la quale il passato è una sorta di pappa omogeneizzata che si può modellare nel modo più utile, in cui si dichiara che esistono valori non discutibili, indicati da parole con l’iniziale maiuscola”.
È partendo dall’analisi di questa cultura e dei suoi meccanismi di riproduzione che possiamo disvelare i meccanismi identitari nella nostra società, humus naturale di tutte le forme di intolleranza e discriminazione.

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Seminario antifascista

Il Collettivo Autorganizzato Volya presenta un ciclo di due incontri in cui si analizzerà il fenomeno del fascismo di oggi, le sue articolazioni, più o meno visibili, nella cultura e nella società e nello stato.
In un momento in cui assistiamo ad una recrudescenza della crisi economica, le ideologie nazi-fasciste tentano di rialzare la testa propugnando l’odio per il “diverso”, il razzismo, la xenofobia, l’omofobia, l’autoritarismo.
L’agire e il discorso neofascisti si articolano sempre su un doppio binario: da un lato il discorso sul “mito fondativo” – la “purezza” (sia essa della razza, del genere, etc.) che viene intaccata dal “diverso” – che si basa su un revanscismo vittimista; dall’altro le aggressioni, le violenze, gli omicidi verso chi non viene ritenuto “puro”.
A tutto questo occorre opporre, accanto ad un antifascismo militante e quotidiano, una critica ed un’analisi in grado di disarticolare e decostruire i discorsi, i “miti”, dei nazifascisti.
Questi nostri incontri sono un tentativo in questa direzione.

Il primo appuntamento vedrà la presentazione del saggio “Cultura di destra” di Furio Jesi, presentato da Giorgio Forni (Università degli Studi di Messina) e Andrea Cavalletti (Università IUAV di Venezia) che ne ha curato e introdotto l’ultima edizione. Il testo analizza l’ideologia e la costruzione dei “miti” che muovono le frange della destra (da quella più moderata a quella più estrema), che sono il terreno utile su cui tentano di costruire le loro pratiche autoritarie, razziste e omofobe.

Il secondo incontro si propone di analizzare e decostruire da un punto di vista storico uno di questi miti revisionisti su cui i fascisti costruiscono il loro discorso vittimista: le foibe. Ne parleremo con la storica Alessandra Kersevan, studiosa del Friuli-Venezia Giulia e del confine orientale fra e nelle due guerre mondiali, con cui affronteremo le cause che portarono alle foibe e come questo falso mito sia stato costruito e portato avanti dalle istituzioni repubblicane. Introduce Basilio del CasoS – Progetto di comunicazione storica.

Il filo conduttore dei due dibattiti, e che da il nome al seminario, è l’antifascismo. Parlarne in università in un momento in cui si verificano aggressioni da parte di gruppi neonazisti contro studenti, come all’università di Verona, significa per noi ribadire l’idea di un’università libera, demercificata, autorganizzata, antirazzista, antisessista: antifascista.

Venerdì 10 maggio, ore 16,30

“Contro ogni fascismo”

Presentazione di Cultura di destra con Giorgio Forni e Andrea Cavalletti.
Facoltà di Scienze Politiche
Strada Maggiore 45, Bologna

giovedì 16 maggio, ore 16,30

“Foibe, diciamola tutta!”

Interviene Alessandra Kersevan.
Introduce Basilio del CasoS – Progetto di comunicazione storica
Facoltà di Scienze Politiche
Strada Maggiore 45, Bologna

Scarica il volantino con tutte le iniziative

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Solidarietà a Hobo

#occupysfitto - un nostro contributo grafico

#occupysfitto – un nostro contributo grafico

È successo questa mattina: le forze del (dis)ordine hanno sgomberato i compagni e le compagne di Hobo che si erano giustamente riappropriati di un’aula abbandonata da circa dieci anni, nei locali di Psicologia in via Filippo Re.
Nuovamente i celerini vengono usati dalla prefettura e dalla direzione universitaria per zittire le esperienze autorganizzate degli studenti, che cercano di squarciare una didattica falsa e mercificata aprendo spazi autogestionari di condivisione di liberi saperi.
Infatti quello spazio era rinato dalla polvere ed è stato attraversato da dibattiti, assemblee, socialità e cultura; docenti, lavoratori e lavoratrici del Dipartimento hanno manifestato la loro solidarietà firmando una petizione in difesa di Hobo.
Ma la logica di mercato è autoritaria per sua natura quindi colpisce tutto ciò che è alternativo ad essa, per giunta con un attacco attuato vigliaccamente di sabato mattina, cioè quando la zona universitaria è quasi deserta.
Di cosa hanno paura Dionigi & company? Di vedere moltiplicarsi spazi di autonomia fuori dalle logiche autoritarie dell’accademia? Certo il rettore-sceriffo si contraddice quando dice «Maledetto carovita!» e poi cerca di mettere fine alle libertà di studentesse e studenti!
Esprimiamo tutta la nostra solidarietà con le lotte di Hobo e porteremo a galla le contraddizioni dell’Università-azienda e del sistema che la genera.
Apriamo crepe all’interno di questa Università precaria e repressiva. Queste politiche securitarie avranno come solo effetto quello di moltiplicare il conflitto degli sfruttati e le esperienze di autogestione.

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Ergo: le scuse non bastano!

Riportiamo l’esperienza di uno di noi sull’ErGo: un’azienda che è il simbolo di un’università sempre più privatizzata, mercificata, classista. Riconoscere come questa situazione coinvolga tutte e tutti può fornirci anche gli strumenti per una risposta collettiva.

Erik Drooker - Gears

Erik Drooker – Gears

Una cosa che mi resterà impressa dei miei primi giorni da universitario a Bologna è sicuramente l’impatto con l’Er.Go, la mega-azienda regionale che amministra le nostre borse di studio e le nostre residenze universitarie; le due cose che permettono, comunque fra tante difficoltà, a molte/i ragazze/i di studiare in un ateneo.
Su cosa, poi, ci venga insegnato è un discorso a parte! Un’università dove la didattica segue i numeri di un’economia di sfruttamento e che palesa ormai da anni la sua natura fallimentare può solo diventare più autoritaria e classista.
Questa storia inizia il 25 marzo 2013, quando mi arriva una e-mail dell’azienda dove mi viene comunicato che la somma della mia borsa di studio è stata riconteggiata poiché ero passato da un domicilio a titolo gratuito (mi ospitavano degli amici) a uno a titolo oneroso (normale affitto). Quindi mi avrebbero dato più soldi liquidi alla prossima rata, ma con una vera e propria multa del 10%, perché la comunicazione del cambio di domicilio non era stata fatta entro i trenta giorni prima dell’inizio del contratto d’affitto.
Se avessi rispettato questa “regola”, il mio contratto avrebbe avuto la durata di nove mesi, quando per essere valido deve durare minimo dieci.
Chiunque sa come sia facile cambiare casa per uno studente fuori sede: ci possono essere mille motivi!
Questo all’Er.Go non interessa e anzi ha trovato una scusa legale per rubarci il 10% della nostra borsa di studio.
Ma non è finita: oltre al danno, anche la beffa!
Con un’altra e-mail, datata 8 aprile 2013, la mega-azienda regionale mi ricorda che ho tempo fino al 12 aprile 2013 per inviare una fantomatica documentazione mancante riguardo al mio domicilio. Cominciano tempi di nervosismo e paura quando né sul profilo personale né sulla casella mail vi è traccia di quali documenti volessero, senza contare che il personale Er.Go è materialmente contattabile solo con la posta elettronica… cosa che ho fatto.
Nella tarda mattinata del giorno dopo arriva il responso, dove affermano che l’ultima comunicazione (quella dell’8 aprile) era stata inviata per errore, di non inviare niente e che si scusano per il disagio.
Sarebbero bastate le mie scuse se l’errore fosse stato mio?
La risposta a questa domanda è stata testualmente:
“Gentile *****, tutto è bene ciò che finisce bene. Cordialmente, Ufficio controlli”.
Mi avrebbero lasciato la borsa di studio, facendomi continuare l’università, se avessi riconosciuto il mio sbaglio?!
No.

Esperienze come questa sono sicuramente centinaia, per non parlare di quelle più gravi; questo è solo un piccolo esempio di come le diverse strutture di potere guadagnino sulla nostra vita precaria.
Precarietà che si manifesta nel quotidiano con queste sottili minacce, che ci ricordano come la nostra istruzione o il nostro lavoro siano costantemente sotto il ricatto di Stato e padroni che si manifesta nel rischio perenne della perdita del posto di lavoro e nell’erosione continua dei propri diritti, nel barcamenarsi tra lavori in nero per pagare gli affitti troppo alti e le tasse universitarie.
Le università prendono sempre più la forma di ipermercati, dove lavorano commessi a tempo determinato senza garanzie, dove studenti e studentesse sono venduti come prodotti usa-e-getta al miglior offerente in fiere del lavoro precario.
Questa condizione comune pare consegnarci un non-futuro fatto di sfruttamento e precarietà, di tante piccole miserie individuali. Ma è proprio dal comune che dobbiamo partire, dal collettivo: riconoscere/riconoscerci come soggetti dotati di volontà e desideri ci permette di immaginare una società diversa. Se comuni sono le condizioni materiali che viviamo quotidianamente, comune può essere l’opposizione e il conflitto a tutto ciò.
Partire dai bisogni materiali di ciascuno e quindi attuare pratiche di riappropriazione dei diritti da poter vivere in spazi liberati e in tempi fuori dalla logica di mercato.
Il sistema capitalista è pieno di crepe, sta a noi tutte/i allargarle!

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Indymedia Atene: una sintesi sulla situazione

Pubblichiamo la traduzione di un articolo di un attivista di Indymedia Germania scritto assieme ad alcuni amministratori di Indymedia Atene (non è un comunicato ufficiale dell’ IMC Atene). In fondo la versione in inglese.

(ATENE, 16:33 12/04/2013). Ieri pomeriggio, l’accesso al sito Indymedia Atene è stato disabilitato dallo staff dell’Università Tecnica Nazionale di Atene (NTUA), apparentemente come risultato della pressione politica del “Ministro dell’ordine pubblico” di Corfu, Nikos Dendias.
Alle 15 (ora greca) di giovedì, il centro delle operazioni di rete (NOC) dell’Università Tecnica Nazionale di Atene (NTUA) ha presentato una comunicazione del rettore dell’università Simos E. Simopoulos per tagliare la connettività Internet a un server ospitato all’interno del network universitario. Questo server forniva l’accesso a Indymedia Atene, alla radio in streaming e al sito di Radio98FM, una stazione radio autorganizzata che trasmetteva dall’interno della NTUA, così come Radio Entasi.
Una recente comunicazione via Twitter indica che il consiglio della NTUA possa avere ceduto a pressioni politiche: il parlamentare di Nea Democratia Adonis Georgiadis si è congratulato con Nikos Dendias, per avere spento il server in cui era ospitato il sito di Indymedia Atene: https://twitter.com/AdonisGeorgiadi/status/322424852118138880
Fonti vicine al collettivo di Indymedia Atene indicano che la pressione politica sul consiglio dei docenti della NTUA per colpire Indymedia Atene è aumentata molto negli ultimi giorni.
Tuttavia, nessuna notifica di avvertimento era stata consegnata a Indymedia o alle stazioni radio, e un comunicato ufficiale da parte del principale dell’università non è stato ancora fornito. Il consiglio dei docenti assieme ai consiglieri legali ha tenuto una riunione sulla questione IMC Atene e sulle radio libere ospitate presso l’università stasera alle 18 (ora greca).
In risposta alla sconnessione, Indymedia Atene e le altre realtà colpite hanno indetto una protesta vicino al campus dell’Università di Atene a Zogragou, che è iniziata oggi alle 13 (ora greca).
Nel frattempo, Indymedia Atene è ancora raggiungibile attraverso il network di anonimizzazione TOR all’indirizzo http://gutneffntqonah7l.onion/ (raggiungibile solo attraverso il software TOR). I seguenti gateways TOR permettono invece l’accesso da un normale browser:
https://gutneffntqonah7l.tor2web.org/
https://gutneffntqonah7l.tor2web.fi/
Indymedia, che è anche conosciuta come Independent Media Centre (IMC), creata durante le proteste di Seattle contro il WTO (Organizzazione del Mondiale Commercio) nel 1999, fornisce piattaforme a pubblicazione aperta che permettono a chiunque di contribuire. È associato con il movimento per la giustizia globale, che è critico verso il neoliberismo e le istituzioni ad esso associate. Una lista di Indymedia centers nel mondo è disponibile qui http://contact.indymedia.org/cities.php (il sito centrale www.indymedia.org non è attualmente disponibile a causa di problemi tecnici).
Altre informazioni sono disponibili su http://indymedia.squat.gr/ così come seguendo i seguenti hashtags di twitter: #free_indymedia e #indymedia

[EN]
(ATHENS, 2012-04-12 2:33 pm UTC). Yesterday afternoon, access to the website of Indymedia Athens was disabled by National Technical University of Athens (NTUA) technical staff, apparently as a result of political pressure by Corfu minister of public order, Nikos Dendias.
At 3 pm (1 pm UTC) on thursday, the National Technical University of Athens (NTUA) network operations center (NOC) carried out an order by the university’s president Simos E. Simopoulos to cut Internet connectivity to a server hosted within the university network. This server was providing access to Indymedia Athens (https://athens.indymdia.org/), to the online radio stream and website of Radio98FM (http://www.radio98fm.org), a self-organised radio station, which was broadcasting from inside NTUA, as well as Radio Entasi.
Recent Twitter communication indicates that the NTUA rectors council may have bowed to political pressure: MP Adonis Georgiadis of the New Democracy party has congratulated minister of public order, Nikos Dendias, for taking down the Indymedia website: https://twitter.com/AdonisGeorgiadi/status/322424852118138880
Sources close to the operators of Indymedia Athens indicate that political pressure on NTUA’s rectorial council to shut down Indymedia Athens against has increased remarkably during the past days.
However, no in-advance notification was given to Indymedia or the radio stations, and an official statement by the universities’ principal as to which legal process he was following, if any, has yet to be provided. The rector’s council alongside legal advisors will hold a meeting on the matter of Athens IMC and the free radios hosted in university premises tonight at 6 pm (local time).
In response to the shutdown, Indymedia Athens and other affected parties have called for a protest near the Athens University campus in Zogragou, which has started today at 1 pm (local time).
In the meantime, Indymedia Athens continues to be available via the Tor anonimization network at http://gutneffntqonah7l.onion/ (this address is only available when running the Tor software). The following Tor gateways allow access to it from standard web browsers:
http://gutneffntqonah7l.onion.to/
https://gutneffntqonah7l.tor2web.org/
https://gutneffntqonah7l.onion.sh/
Indymedia, which is also referred to as Independent Media Centre (IMC), originated during Seattle protests against the World Trade Organisation in 1999 and provides open publishing platforms that allows anybody to contribute. It is associated with the global justice movement, which is critical of neoliberalism and its associated institutions. A list of Indymedia centers around the world is available at http://contact.indymedia.org/cities.php (the global website at www.indymedia.org is currently unavailable due to technical issues).
More information is available at http://indymedia.squat.gr/ as well as by following Twitter hashtags #free_indymedia and #indymedia

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Indymedia Atene: la repressione non passerà!

Indypendent Media Network

Indypendent Media Network

Aggiornamento: alcuni compagni di Indymedia Atene riferiscono che è stata l’Università, presso cui risiedeva il server, che ha tagliato la connessione a internet, su pressione della magistratura.
Dall’11 aprile, è stata tagliata la connettività (la connessione internet) al server che ospitava athens.indymedia.org, Radio 98FM, Radio Entasi ed altri media di movimento greci. L’operazione è stata messa in atto dopo le pressioni della magistratura. Indymedia Atene è storicamente il sito della controinformazione più partecipato dal movimento greco, colpirlo esprime la volontà dello Stato di voler silenziare la voce delle lotte sociali.
Il sito è accessibile da qui http://indymedia.squat.gr/ o via TOR.
Di seguito riportiamo il comunicato in inglese, già tradotto dal greco da un compagno di Atene, e la nostra traduzione in italiano.

La repressione non passerà!

Tre dei media indipendenti del movimento antagonista, athens.indymedia.org, Radio 98FM e Radio Entasi (e quelli che erano ospitati nello stesso server) da giovedì 11 aprile si trovano di fronte alla repressione dello stato.
A seguito delle pressanti richieste del procuratore generale dello stato, la loro connettività è stata tagliata.
In un periodo in cui l’intera società trova difficile anche il solo resprirare, a causa della durezza della repressione economica, politica e sociale, piccole o grandi resistenze, lotte dei lavoratori, infondono coraggio e speranza, trasmettono i segni ardenti della rivoluzione, ispirano e piantano i semi delle idee radicali e sovversive necessarie ad abbattere una volta per tutte questo mondo di sfruttamento.
Proprio in questo momento, e perché i veri terroristi sono terrorizzati dalla resistenza sociale, l’autorità tenta di imporre l’oscurità dei suoi media dominanti alla nostra libera comunicazione.
La repressione e il silenziamento dei media indipendenti e di controinformazione non passerà come un trafiletto nelle pagine interne dei loro giornali o delle loro stazioni televisive.
La nostra risposta deve superare i ridicoli trionfi dei fascisti e degli autoritari. I media di controinformazione sono i nostri media, i nostri mezzi, la voce delle nostre lotte che ci mostrano il modo di creare il mondo in cui vogliamo vivere.
Invitiamo tutti coloro che sono in lotta ad un concentramento, venerdì 12 aprile alle 13, nella piazza centrale del Politecnico Zographou (Polytechneioupoli Zographou).
Via bus: 608 dall’Accademia, 242 dalla stazione metro Katehaki.

Dal Collettivo di Amministrazione di Athens.indymedia.org

[EN]
Repression shall not pass!

Three of the contrainformation media of the antagonistic movement, athens.indymedia.org, radio 98FM and Radio Entasi and those which were hosted in the current server, since Thursday 11/4 are facing state repression.
After pressuring inquiries of the state attorney, internet connection was down.
In a period where the whole of this society finds it difficult even to breath, due to the harsh economic, political and social repression, smaller or larger resistances, struggles of the workers, give courage and hope, pass on the flaming signals of revolution, inspire and plant the seeds of subversive and radical ideas needed to tear down once and for all this world of exploitation…
Right at this moment and precicely because the real terrorists are terrified of social resistances, the authority tries to impose its darkness of its dominant media to our communication.
Silencing and repressing contrainformation media will not pass as an indifferent social commentary in their corrupt newspapers and TV channels.
Our response shall overcome the ridiculous triumphs of the fascists and authoritarians. The media of contrainformation are our own media, our means, the voice of our own struggles that show us the way to create the world we want to live in.
We call all those in struggle at a gathering on Friday 12/4 on 1 pm at the central square of Zographou Polytechnic Faculty (Polytechneioupoli Zographou). Access by bus: 608 from Academia, 242 from Katehaki metro station.

From the Administration Collective of Athens.indymedia.org

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